Ultimi Aggiornamenti degli Eventi
Scorsese. Sulla tentazione
“Silence”, Martin Scorsese, 2016.
Certamente la fede è tema quantomai centrale in “Silence”. Ma ad essa si affianca una delle più profonde riflessioni che Scorsese abbia mai compiuto sulla violenza. C’è tantissima violenza, in “Silence”. Più che in “Quei bravi ragazzi” o in “Casinò”: alla violenza fisica (torture e messe a morte sotto le più diverse specie) si affianca una insistente, tremenda violenza psicologica.
Una forma di violenza, quella psicologica, che può essere sintetizzata in una parola: tentazione. Come nel titolo del film del 1987. Che la violenza sia un tema scorsesiano per eccellenza è scontato, ma non mi pare sia stato visto spesso sotto la specie della tentazione. La tentazione è la forma con cui tipicamente si manifesta il Male: nei Vangeli, è il diavolo che tenta Cristo (torniamo al film del 1987, “L’ultima tentazione di Cristo”).
Dalla mia recensione di “Silence” su Ondacinema:
http://www.ondacinema.it/film/recensione/silence-scorsese.html

Coco (Lee Unkrich, Andrew Molina, 2017)
“Ciò che importa è la memoria affettiva, non quella legata alla celebrità. È la memoria affettiva a ridestarsi nella veneranda Coco, l’anziana bisnonna di Miguel che ormai ha quasi perso la memoria, nella quale la canzone che il padre Héctor le suonava da bambina è capace di ridestarne, vivo, il ricordo. Non per nulla il film prende il nome da lei. E non per nulla si tratta di una donna”. Così ne scrissi su Cineforum 571 (“La memoria degli affetti”).

La responsabilità degli “eroi”
“Flight” (R. Zemeckis, 2012) e “Sully” (C. Eastwood, 2016).
In entrambi i film, un pilota che ha compiuto un gesto eroico è messo sotto accusa, per colpe solo presunte (in “Sully”) o effettive (la dipendenza da alcol e droghe in “Flight”, che però non hanno avuto alcun riflesso sul suo gesto eroico). Il percorso dei due piloti è diverso, perché quello di Flight ammette le colpe contro la sua stessa linea difensiva, unica maniera per sconfiggere le sue dipendenze. Ma anche gli eroi eastwoodiani non sono mai esenti da debolezze, responsabilità e sensi di colpa.


Eroi deboli
La diffusione di “mind game movies” va di pari passo alla diffusione di eroi deboli, pieni di incertezze e ripensamenti, sensazione di fallimento o di non essere all’altezza delle proprie responsabilità. È l’approdo di un lungo percorso, che inizia tra anni Novanta e primi Duemila: “L’eroe sveste i panni muscolari degli anni Ottanta per farsi più complicato e problematico, sofferto e – talvolta – inetto. (…) personaggi il cui sistema percettivo e la cui capacità di relazionarsi con la realtà circostante” appare inadeguata (Franco Marineo, “Il cinema del terzo millennio. Immaginari, nuove tecnologie, narrazioni”, 2014).

“Joker”, Todd Phillips, 2019
Joker non fonda ideologie, non è il V di V per vendetta: la rivolta sociale di cui è causa involontaria non si scatena all’insegna di alcun ideale. È la ribellione di pancia di chi si è stancato di subire. “Joker ha ridotto la protesta alla forma minimale autodistruttiva priva di contenuto”. Slavoj Žižek, “Una lettura perversa del film d’autore. Da Psyco a Joker”, Mimesis, 2020.

Alive and Dead
I vivi e i morti di Jim Jarmusch.
I poeti vampiri di “Only Lovers Left Alive” (“Solo gli amanti sopravvivono”, 2013)sono vivi (alive). Noi siamo morti. Noi uomini siamo dead, siamo gli zombi di “The Dead don’t Die” (“I morti non muoiono”, 2019).
Per dirla con Philip K. Dick: se Jarmusch fosse un poeta, come poeta direbbe: “io sono vivo, voi siete morti”.


I fratelli Safdie e la New Hollywood
I fratelli Safdie sono autori di un cinema sospeso tra realismo e iperrealismo, in cui “ritroviamo la New York anni settanta di Taxi Driver, sudicia e alienante, qua ancora più anonima e formicolante, interamente fagocitata nell’anima dal dio denaro – la grana, appunto. Ritroviamo la frenesia del racconto e l’incedere del montaggio scorsesiano. Ma il maggior debito riconosciuto dai fratelli newyorkesi è [il] cinema di Cassavetes”. Matteo De Simei, “Questione di grana”, in: “Traiettorie: percorsi critici su Diamanti grezzi dei fratelli Safdie,”, Ondacinema.it.

Corto circuito di immaginari
“Spring Breakers” (H. Korine, 2012) è un film di “exploitation della voglia di sesso e violenza che ogni fotogramma pensato dai media promette ai giovani per poi, ipocritamente, proibirlo”. Niccolò Rangoni Machiavelli, Spietati.it (link nei commenti).
“Assassination Nation” (S. Levinson, 2018) è “un processo di ‘memefication of feminism’” (…) in cui il femminismo appare “commercializzabile (ed exploitabile) all’interno di una commodity culture sfrontatamente pop ed edonista”. Stefano Guerini Rocco, Ragazze cattive. Assassination Nation e l’evoluzione del teen movie tra exploitation e panico morale, SigMa 3, 2019.
Recensione di N. Rangoni Machiavelli: https://www.spietati.it/spring-breakers/
Articolo di S. Guerini Rocco: http://www.serena.unina.it/index.php/sigma/article/view/6579


Spielberg. Celebrazioni americane
I chiaroscuri di Lincoln (S. Spielberg, 2012)
Tra le principali scelte di stile che impreziosiscono “Lincoln”, ci sono le scelte cromatiche della fotografia di Janusz Kaminski, che predilige i chiaroscuri anche negli esterni (dove spesso le figure si stagliano in controluce come ombre) oltre che negli interni, oscuri ai limiti del buio, in cui il film per la maggior parte si svolge.
“The Post” (S. Spielberg, 2017)
In “Tutti gli uomini del Presidente” (A. Pakula, 1976), la denuncia politica correva parallela a una fede appassionata nel valore del giornalismo come colonna portante della democrazia. In “The Post” l’accento è spostato sul senso etico della professione, che sembra ormai appartenere al passato, e per questo viene rispolverato nel passato.


In direzione contraria al cinema sportivo d’impianto classico.
Il lato oscuro di un cardine dell’american way of life.
“Lo sport riflette una competitività e in particolare una violenza che è quella della struttura stessa della società americana. Di più: esso esalta quella componente di rischio che è tipica di un’economia imprenditoriale e di un’ideologia individualista” (Franco La Polla, “Il nuovo cinema americano”, 1978).
“Foxcatcher”, Bennet Miller, 2014
“Tonya” (“I, Tonya”), Craig Gillespie, 2017


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