Mese: agosto 2014

Apes revolution: il pianeta delle scimmie diventa distopia del presente.

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apesSceneggiatura e dialoghi di rara intelligenza nel cinema mainstream medio, addirittura miracolosi in un blockbuster di questi sventurati tempi di sequel prequel reboot supereroi titani e fumettini tridimensionali.
Reeves è regista interessante sin dai tempi di Cloverfield, e qui ha il merito non piccolo di non uscire stritolato dalle spire della megaproduzione.
Si difende invece egregiamente, ci mette del suo e firma uno dei più bei film del marchio Planet of the apes.

Il precedente episodio era una semplicistica (e lieta) versione della lotta di classe scatenata dall’acquisizione della coscienza (di classe?). Ora si tratta di una più complessa (e realista) distopia, che racchiude un ritratto non banale delle dinamiche della pace e della guerra, delle ragioni non idealistiche ma concrete di chi supporta la pace, e dell’inevitabile concatenazione casuale di eventi attraverso cui la violenza finisce per imporsi e la guerra a divenire l’unica soluzione anche per chi l’aborrisce.
L’evoluzione del personaggio di Cesare, a questo riguardo, è paradigmatica. Cesare è saggio e “illuminato”: è bene che il potere lo riprenda e lo mantenga lui. E tuttavia, non c’è strada per il potere che non passi attraverso la sopraffazione e in certi casi l’omicidio. Ciò che era un vanto (“scimmia non uccide scimmia!”) dev’essere ora rinnegato.
Il messaggio politico è chiaro, ed è realista (qualcuno dirà pessimista). L’elemento di maggiore raffinatezza raggiunta da questo bel film.

Giudizio: 7

“Only lovers left alive”: del vampirismo della poesia

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Solo_gli_amanti_sopravvivono

Siamo gli artisti; siamo i poeti. Tramandiamo l’eredità della civiltà e delle arti. Siamo i vampiri.
Viviamo di notte e la malinconia ci attanaglia. Mentre il giorno gli umani (gli zombie) sopravvivono alla loro stessa morte (la vita), noi siamo sempre meno, sempre più nascosti. A rischio di estinzione.
Ma, per quanto pochi, siamo eterni. E tuttavia non potremmo sopravvivere senza sangue. Modernità e politicamente corretto ci hanno suggerito, per non dar nell’occhio, di ricorrere a riserve di sangue d’ospedale, ma messi alle strette, occorre tornare a succhiare sangue vivo: e allora scegliamo di prendere quello innocente di chi sembra amarsi di puro amore. Affinché a trasformarsi a loro volta in vampiri siano degli esseri puri come noi. Degli amanti. Affinché solo gli amanti sopravvivano. (Noi, noi non siamo davvero innocenti: siamo vampiri: per vivere le nostre notti popolate di sogni, abbiamo avuto da sempre bisogno di succhiare il sangue a chi vive di giorno).

Jarmusch tratteggia un lento, memorabile, inedito ritratto dell’ideale romantico del vampiro. Memorabile quanto più inedito in tempi di gran lustro commerciale di vampiri romantici ma di plastica.
Quelli di Jarmusch non sono di plastica ma di carne: bevono sangue vero. Per sentirsi loro complici e amici occorre avere un temperamento poetico in un mondo sempre più prosaico. E questa è la (dolcissima) dannazione che condividiamo con loro, almeno per la durata del film …altro che la condanna all’eternità!

Memorabile colonna sonora, equamente ripartita tra SQÜRL e Jozef Van Wissem, e tra i blues notturni di Detroit e i ritmi orientaleggianti di Tangeri.

Voto: 8