Mese: settembre 2014

MEDIANERAS – un’intelligente commedia romantica dall’Argentina

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MEDIANERASNell’incipit, in stile documentaristico, si susseguono in veloce montaggio belle inquadrature di brutte architetture, mentre una voce over (che scopriremo appartenere al protagonista Martin) mette in relazione l’isolamento urbano con il caos e il disordine estetico di una megalopoli che ha voltato le spalle al suo fiume. Si tratta di Buenos Aires, ma potremmo riconoscervi una qualsiasi altra metropoli. Martin vive praticamente confinato nel suo monolocale “scatola di scarpe” di 40 metri quadri. E’ un web designer e tramite internet fa tutto, inclusa la spesa. In montaggio alternato alle sue giornate, ci vengono raccontate quelle di Mariana… Continua a leggere…

Voto: 6,5

FROM WHAT IS BEFORE di Lav Diaz. “Io sono una forza del passato”.

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from-what-is-before-locarnoLa dimensione del mondo contadino, nella quale siamo calati nel film vincitore del Pardo d’Oro a Locarno 2014, è universale. La durata della pellicola (quasi sei ore) contribuisce a un’immersione totale in questa dimensione arcaica, atavica, a-storica. Un mondo che, allo spettatore occidentale, sembra collocarsi fuori dalla Storia comunemente intesa come evoluzione di eventi socio-politici in progressione. Nel mondo di From what is before (titolo internazionale di quest’ultimo lavoro di Lav Diaz), quando la Storia interviene, è per violentare la dimensione atemporale del “barrio”, il villaggio in cui il film si svolge nella sua interezza. E, la Storia, appare sottoforma di un tentacolo della dittatura militare di Marcos: un regime che, all’epoca in cui il film si svolge (primi anni ‘70) si era appena instaurato nelle Filippine. Continua a leggere…

Il Porno-Teo-Kolossal secondo Ferrara. “Pasolini”: un Ferrara irriducibile e meno riconciliato che mai.

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Pasolini-nellomonimo-film-di-abel-FerraraC’è chi lo ha trovato ispirato (e vi ha “ritrovato” Ferrara dato in crisi o in caduta libera – ma non per tutti: in Francia ritengono i film dei suoi ultimi anni fra i suoi più belli) e chi un pasticcio quasi ingiudicabile.

Se è un “pasticcio”, è un pasticcio affascinante. Ma squilibrato. Ispirato, ma col singhiozzo.

Di “Pasolini” si ammira prima di tutto l’amore del regista per il suo personaggio: la passione profonda, l’attenzione al dettaglio, e l’amorosa ricostruzione di un contesto. Ci voleva, uno sguardo essenzialmente estraneo (per quanto attento) al contesto politico italiano, per poterlo sognare, Pasolini. Ci sta, un Pasolini-Dafoe che parla inglese, e solo ogni tanto (tranne che, non a caso, nelle ultime scene verso Ostia) spiccica qualche (patetica) frase in italiano (che il doppiaggio appiattirà). Il Pasolini di Ferrara poggia su due colonne: l’intuizione, presa da “Petrolio”, sulla morte della narrativa (e rispecchiata in qualche modo dal magma caotico del film), e, soprattutto, quella splendida intervista in cui non potrebbe essere riassunta meglio la sostanza dell’uomo, dell’artista, del pensatore – la sua impossibile riconciliazione con un mondo stupendo e amatissimo, che vedeva ormai in orrenda rovina.

Il personaggio, insomma, Ferrara l’ha centrato. Ma il film? “Pasolini” è viziato dallo stesso problema delle pellicole più coraggiose (e imperfette) di Ferrara (la maggioranza?). Molto coraggioso nel suo osare, nel suo non voler stare nei limiti di un canone e del già visto, il regista rimane – come è sempre stato – limitato dall’incapacità di disciplinarsi.
Del resto mai Ferrara sarebbe stato Ferrara, se avesse saputo controllarsi. In ciò che lo contraddistingue in positivo risiedono anche i suoi limiti: l’eccesso, l’irriducibilità, l’amore per il paradosso e la provocazione. Proprio per questo i suoi film sono destinati a dividere e a non mettere pace. Un po’ come Pasolini. Dal cui immenso genio, è ovvio, Ferrara resta distante anni luce. Questo suo film sembra limitarsi a non essere molto più che un sentito (sentitissimo), ispirato (a tratti) ma slabbrato e imperfetto “santino”.

Note a margine. Il film vive innegabilmente di alti e bassi. Due fra tutti. L’ultima scena, nella quale Adriana Asti nei panni di Susanna Pasolini piange la morte del figlio, è la più intensa del film. Scamarcio nei panni di Davoli è invece fuori parte in maniera imbarazzante: soprattutto se si ha l’infelice idea di piazzarlo accanto al vero Davoli, che invece fa superbamente se stesso nei panni dell’Epifanio di Porno-Teo-Kolossal.

Giudizio: 6,5

“Si alza il vento”: l’ultimo film di Miyazaki, fra sogno e naturalismo umanista, è un capolavoro.

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Si alza il vento “Si alza il vento” è ispirato alla biografia di Jirō Horikoshi, l’ingegnere aeronautico creatore del Mitsubishi A6M, prodotto in quasi 11.000 esemplari durante la seconda guerra mondiale. L’aereo che, alla fine del conflitto, fu utilizzato dai kamikaze per schiantarsi contro le navi da guerra statunitensi. Di Horikoshi Miyazaki racconta, poeticizzandoli, passione, tensione, sforzo creativi. Attraverso la figura di un personaggio non facile per la storia nipponica, disegna un monumentale affresco sui sogni e la vita: sulle creazioni che dai sogni prendono vita, e sulla bellezza e l’orrore, eguali creature di un medesimo sogno.

L’ultimo film di Hayao Miyazaki, che si scosta per molti aspetti dal suo cinema, è il suo capolavoro definitivo. Probabilmente …continua a leggere