castellitto

2015, flop piccoli e grandi

Postato il Aggiornato il

DELUSIONI COCENTI

Sangue del mio sangue” di Marco Bellocchio. Adoro Bellocchio: e proprio per questo sono rimasto tanto deluso. Questo film ha tutte le caratteristiche di un’incipiente presunzione senile. Le intuizioni sono buone, anzi memorabili. La resa, a tratti, imbarazzante. Dalla scrittura dei dialoghi (a partire proprio dall’italiano moderno nella prima parte del film) alla direzione degli attori. Triste.

Taxi Teheran” di Jafar Panhai è il segno sconfortante che restare intrappolati a Teheran potendo far film solo con un cellulare o poco più, non premia sulla lunga distanza (vedi invece il bel “This is not a film“). Panhai gira la metropoli fingendosi tassista: ma non riesce a fornire dell’Iran di oggi che un pallido ritratto, rimanendo lontano dal magnifico “Dieci” di Kiarostami. I dialoghi con una bambina sulla libertà sono scolastici. C’è, forse, troppo Panhai, in questo film che ha vinto il festival di Berlino.

FLOP PICCOLI E INNOCUI

Jupiter” dei Wachowski e “Crimson Peak” di Guillermo Del Toro sono due stanchi film di genere. Il primo è un pasticcio, per quanto divertente; quello di Del Toro, che ha una confezione ricchissima, ammicca a robe come “I vivi e i morti” di Corman, ma è dominato dalla noia. Un esercizio di stile fine a se stesso, senz’anima.

Non sono riuscito a trovare alcuna virtù neppure stilistica, in “A bigger splash” di Guadagnino, un film addosso al quale comunque non me la sento di sparare come tanti. E’ talmente eccentrico da poter pure piacere per questo: io l’ho trovato risaputo, senza spessore, alla fin fine indifendibile quanto il personaggio di Guzzanti e la scelta di Guzzanti.

Faber in Sardegna“, mediometraggio documentario su De André di Gianfranco Cabiddu, ha trovato una distribuzione cinematografica come ‘evento’, e per il mio grande amore di Fabrizio l’ho pure recensito: ma è buono per una ottima seconda serata in tv.

LA MEDIOCRITA’

Latin Lover” di Cristina Comencini, “Into the Woods” di Rob Marshall: Non ti curar di lor ma guarda e passa (è stato sufficiente scriverne una recensione).

Da fan senza ritegno dello Studio Ghibli, sono corso pieno di speranze a vedere “Il regno dei sogni e della follia“. Visitare lo Studio è stata l’unica cosa interessante: diversi momenti sono piacevoli esperienze, degne però degli extra di un home video, non di un documentario che avrebbe dovuto invece essere di ben altro spessore, all’altezza di ciò che celebra. Invece si allunga e si stiracchia, tra una visita a casa di Hayao e interviste troppo inconsistenti, finendo per girare a vuoto. …E soprattutto: dov’è Isao?

Il premio del pubblico al festival di Tokyo mi ha spinto a recuperare “Se Dio vuole“, esordio alla regia di Edoardo Falcone; tuttavia, per quanto si astenga dalla volgarità media delle commediole italiote (non sempre scurrili, ma comunque volgari), resta un filmetto “carino” e mediocre. Il curriculum da sceneggiatore di Falcone avrebbe dovuto mettermi in guardia.

LE MOLESTIE

Ha creato un polverone critico come pochi, giusto un anno fa, a capodanno del 2015, “American Sniper” di Clint Eastwood: non ci torno sopra, rimando alla recensione.

A molti è piaciuto, io invece ho trovato irritante “The Tribe” di Myroslav Slaboshpytskkiy. Buona l’idea di metterci nella condizione di essere noi i disabili, senza sottotitoli e senza capire un accidenti. Quanto viene narrato è deliberatamente, pretestuosamente provocatorio e disturbante. E inaccettabile dal punto di vista etico-estetico: perché si ricorre ad autentici disabili per mettere in scena una storia verosimile, che forse rispecchia pure la realtà, ma che autentica non è.

SCARSI O INDECENTI

Spectre” di Sam Mendes è un triplo tuffo carpiato in un pozzo di nulla, dopo il brillante exploit di “Skyfall“. “The visit” di M. Night Shyamalan ha i suoi ammiratori. Io, per quanto abbia cercato di apprezzarne ironia e metatesti, ho provato guardandolo la non proprio piacevole sensazione vissuta dal piccolo protagonista, quando il ‘nonno’ gli schiaffa sul volto il pannolone per adulti usato.

Con “Nessuno si salva da solo” Sergio Castellitto tocca il fondo della sua carriera di regista. E per chiudere in bellezza, ho voluto farmi del male con “The green inferno” di Eli Roth, non so come sperando di trovarvi qualcosa all’altezza di “Cannibal Holocaust“. Invece ho trovato persino poco torture porn, ma tanta, tanta noia.

“Nessuno si salva da solo”: la più deludente trasposizione di Castellitto dalla Mazzantini.

Postato il Aggiornato il

Nessuno_si_salva_da_solo_Jasmine_Trinca_Riccardo_Scamarcio_foto_dal_film_10_bigMentre il romanzo “Nessuno si salva da solo” era secco, acido e crudele, il film, la cui regia è sciatta e svogliata, è sbagliato soprattutto per scelte di sceneggiatura che lo fanno scadere nel consolatorio.

Qui la mia recensione su Ondacinema:

NESSUNO SI SALVA DA SOLO, Sergio Castellitto

Voto 4

.