TRASH di Daldry: compromesso improbabile tra denuncia sociale e logica da blockbuster. Nel segno di “The millionaire”
Festival di Roma 2014 – Il film di Daldry ambientato nelle favelas di Rio ha un ritmo impeccabile, e un gran senso della detection. E vanta un azzeccatissimo cast di ragazzini scelti e diretti a meraviglia. Ciononostante, mi dispiace ammetterlo, ma resta un compromesso pasticciato fra logica ed estetica da blockbuster Universal (qual è, di fatto) e aspirazioni di denuncia sociale. C’è un po’ di tutto: da “Gomorra” a “Il codice da Vinci” (!), passando per “City of God”. Ma a pesare come un macigno e adombrare il film, è il suo debito con “The millionaire”.
“The millionaire”, però, in fondo, era più onesto. Un omaggio a Bollywood, una storia d’amore, un riscatto economico. Finiva lì. Daldry vorrebbe invece fare molto più sul serio del suo connazionale Boyle. Ma è in fondo meno onesto nell’immergere il film in un alone di impegno sociale (dall’inizio attendiamo la piccola/grande vittoria morale con la denuncia del politico corrotto). Le tematiche sociali sono affrontate in modo alquanto grossolano.
Il finale di “Trash” si rivela in tutta la sua furbizia. Ma non è solo nel finale che la pellicola scade. I personaggi rimangono bidimensionali (il capo della polizia è troppo cattivo per essere vero). C’è una divisione tra buoni e cattivi tagliata con l’accetta. …E una serie di implausibilità sopra la media: come quando il piccolo eroe in nome della sua intuizione di giustizia accetta di farsi sparare (graziato per compassione), o una bambina aspetta al cimitero da non si sa quanti giorni (sembrava una presenza fantasmatica, anche per come viene presentata), e poi lancia una colonna di marmo come fosse un pezzo di polistirolo. Indifendibile.
Voto 5