per Fabrizio
Le luci si abbassavano. Sul palco
ti chinavi a terra con lentezza,
riposta a lato la chitarra – restavi
da solo, con la voce da suonare:
che ancora taceva. Immobile
te ne stavi adesso – nei tuoi gesti
si racchiudeva quella consapevolezza
di tutto, pacata, che tutti
stregava – e agli strumenti
suggeriva di aspettare.
Avevi alzato lo sguardo,
d’un tratto – in quello scatto
apparivi finalmente sollevato:
proprio adesso, sull’orlo
del dramma imminente.
(Eri magnetico.
Come quando a parole
accorte rivelavi una saggezza,
per timidezza cosparse d’ironia).
Gridai poi il tuo nome
nell’ansioso silenzio.
Colpito, guardasti verso me.
Fu un istante:
ma era – in quell’attimo
di distrazione – apparso il segno
di un sincero spavento,
non ancora insensibile da una vita
intera a trasmettere emozioni.