MAX AMORE MIO, Nagisa Oshima

max amore mioSorprendente sotto diversi punti di vista. Anzitutto, non è un film d’autore “classico”. Come sottolinea Jean-Claude Carrière (co-sceneggiatore di questo film, celebre per essere il co-sceneggiatore di alcuni degli ultimi capolavori di Bunuel), solo una certa idiozia critica insiste a inscatolare le opere firmate da un regista-autore nella poetica solo e solamente di quell’autore. Ora, l’incontro fra Carrière e Oshima ha prodotto un film “di Oshima” in parte molto diverso dal resto dell’opera di Oshima. Ma è un film da rivalutare – forse ingiustamente penalizzato dal non combaciare appieno con la poetica del grande maestro nipponico.
All’inizio sembra un’allegoria sulla volontà della borghesia di razionalizzare, reprimere le pulsioni e ingabbiare una giungla dentro le geometrie di una dimora metropolitana. Stesso discorso vale per l’ipocrisia di salvare il matrimonio salvando le apparenze (il marito, cornificato con una scimmia, decide di portarsi a casa la scimmia). Ma questo – che è in linea con la poetica di Oshima – è solo lo spunto. Poi il film muta, cambia aspetto, diventa qualcosa di sorprendente.
Si trasforma in una parabola sulla diversità, sulla capacità di accettazione del diverso; dall’acre satira si leva a toni inaspettatamente delicati, giungendo, nel finale, a una dimensione inusitata dove il grottesco convive con il sublime, l’happy end con la satira.
Un risultato, quello finale, poco europeo e che immagino invece molto “giapponese”; poco novecentesco e molto settecentesco (nel senso che potrebbe essere un soggetto di Voltaire).
La cosa affascinante è che, pur partendo da uno spunto “europeo” e venendo a girare in Europa, Oshima è arrivato a un risultato davvero diverso rispetto al suo abituale pessimismo, mantenendo un punto di vista giapponese. Questo strano, straniante film sull’Europa, poteva riuscire a girarlo in questo modo solo un autore che guardasse all’Europa da una distanza di diecimila chilometri.

PS vi sono riferimenti estetici (ma forse non solo?) a 2001: non solo nella scimmia (uguale a quelle di 2001), ma anche per l’architettura dell’interno, che ricorda molto la stanza finale di 2001. E fa un curioso effetto vedere una scimmia di 2001 racchiusa entro la stanza rococò di 2001…


Un pensiero riguardo “MAX AMORE MIO, Nagisa Oshima

    […] Sorprendente sotto diversi punti di vista. Anzitutto, non è un film d’autore “classico”. Come sottolinea Jean-Claude Carrière (co-sceneggiatore di questo film, celebre per essere il co-sceneggiatore di alcuni degli ultimi capolavori di Bunuel), solo una certa idiozia critica insiste a inscatolare le opere firmate da un regista-autore nella poetica solo e solamente di quell’autore. Ora, l’incontro fra Carrière e Oshima ha prodotto un film “di Oshima” in parte molto diverso dal resto dell’opera di Oshima. Ma è un film …continua a leggere. […]

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