COMPLESSO DI COLPA (“OBSESSION”)

OBSESSIONUn esercizio di metacinema al quadrato, “Obsession” di De Palma.
Sottovalutato: da un lato, perché ai più è sempre parso un plagio di “Vertigo” (“La donna che visse due volte“); dall’altro, poiché deviante dai canoni depalmiani, nel suo esasperato romanticismo (anzitutto stilistico: è girato in fluo praticamente per intero). Ma con riguardo al secondo punto, si dimentica che De Palma, sino al 1975, non era mai stato troppo uguale a se stesso, ma aveva sperimentato arditamente registri diversi. “Obsession” non fa eccezione.
Perché, dunque, metacinema al quadrato?
Perché produce un doppio sdoppiamento, una duplice vertigine.
Da un lato abbiamo la vertigine del protagonista, che rivede la moglie in colei che non sa essere la figlia; dall’altro la vertigine provata dallo spettatore, che si accorge gradualmente di rivedere “Vertigo“. Ma allora non sarebbe stato più opportuno se De Palma avesse più semplicemente scelto di fare un remake? No. Non sarebbe stata la stessa cosa. La vertigine che prova lo spettatore è proprio quella di assistere praticamente allo stesso film ma entro un plot totalmente diverso. E’ questo a generare la sensazione di deja-vu, da cui scaturisce il perturbante. “Unheimlich“: il perturbante come lo spiega Freud.
Doppiamente unheimlich, dunque, “Obsession“: da spettatori, al perturbamento del protagonista di fronte al “doppio”, da quando rivede la moglie viva a San Miniato, si aggiunge il perturbamento nostro di rivedere “Vertigo“.
Del resto non è casuale se la prima parte del film, con il rapimento della moglie e della figlia, è ambientata proprio nel 1959. L’anno di “Vertigo“.


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