C’ERA UNA VOLTA IN AMERICA

E’, semplicemente, l’apologia senza tempo del sognatore.
Il sognatore è una tipologia umana, rara, non idonea a fare del mondo la propria terra di conquista – su nessuna scala. Il sognatore – idealista, perdente, idiota (…in senso myskiniano) – tiene fede alla propria visione della vita e dei personaggi che le hanno conferito un senso ai propri occhi. Finanche contro l’evidenza.
Il sognatore fa del mondo una terra di conquista interiore, secondo una logica in cui anche una sconfitta può rappresentare, in certi casi, una conquista. Le conquiste di chi agisce secondo una logica esteriore – aritmetica, oggettiva – sono spesso destinate a svanire, a esserci tolte nel tempo della vita (quella di Max è un’identità rubata; Noodles non gliene fornirsce altra, e Max resta senza volto); al contrario, le conquiste del sognatore sono destinate a rimanere eterne, anche se per l’eternità soggettiva di una vita. O, forse, solamente per quelle di un sogno, fatto sotto l’effetto dell’oppio.
Resta fisso un fermo immagine, un sorriso.

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La colonna sonora di Morricone contribuisce in maniera determinante a veicolare la poetica di questo grandissimo romanzo (nel senso più classico e nobile del termine). E per questo, nella sua incredibile duttilità fra la più struggente malinconia e il vitalismo più dolce, è la colonna sonora più bella della storia del cinema.


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