Fabbrica di sogni, deposito di incubi
Hollywood, oggi.
Il cinema americano è sempre meno a stelle e strisce.
Sempre più assorbe contributi dal resto del mondo.
Sino al punto che nel 2020 un film coreano vince l’Oscar come miglior film.
Oggi esiste un “sistema delle immagini che si muove a livello planetario senza il quale la stessa industria cinematografica statunitense non potrebbe sussistere”.
Christian Uva, Vito Zagarrio, Il cinema oltre il cinema, in C. Uva, V. Zagarrio (cur.), Le storie del cinema. Dalle origini al digitale, 2020


L’elusività del cinema statunitense
“La storia dell’ermeneutica sul cinema hollywoodiano [è] una specie di fiera dove si trova di tutto. […] L’analisi ha non di rado condotto ad interpretazioni radicalmente opposte degli stessi film”. I film americani, forse più di tutti, “sollecitano un’interpretazione nella stessa misura in cui ne rifuggono una particolare, definitiva e compiuta”.
Leonardo Gandini, Il cinema americano attraverso i film. Introduzione, 2011

Sogno (e incubo) nel cinema americano.
Non posso che cominciare da questa citazione di uno dei massimi studiosi di cinema americano (che ci ha lasciati troppo presto, alcuni anni fa), per cominciare a parlarvi del mio libro.
La citazione è tratta dal primo a sinistra dei due libri di cui sopra (che meriterebbero una ristampa), che ha la mia età. Un libro ricco di idee e riflessioni ancora attualissime.
“È, dopotutto, una caratteristica squisitamente americana la capacità di colorare una medesima ossessione con tinte diversissime, mascherando in tal modo il senso ultimo del proprio sogno-incubo che rimanda comunque al presente”.
Franco La Polla, Il nuovo cinema americano, 1978

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