21 film da limbo

TANTO RUMORE PER NULLA

SOPRAVVISSUTO.jpgThe martian – Sopravvissuto” di Ridley Scott: un film decente di un regista che ormai lavora solo di mestiere (e il più delle volte si perde per strada): un compitino ben svolto, dall’impianto così trito che risulta un complimento definirlo classico; con diversi piatti rimandi a “Interstellar”, che metton tristezza per quanto sono espliciti. Modestissimo e dimenticabile in fretta.

Sicario” di Denis Villeneuve pecca, viceversa, per ambizione. Le pretese nutrite da questo regista canadese (autore di film notevoli – si veda lo splendido “Polytechnique”) di saper descrivere i Grandi Mali d’America, e di farlo declinandoli ogni volta in strutture di genere, sono un po’ sproporzionate rispetto alla sua effettiva acutezza di sguardo.

Mustang” di Deniz Gamze Ergüven, per adesso, non ha fatto troppo rumore ma presto, forse, lo farà (vedi alla voce Oscar al miglior film straniero – è un film turco ma passa per francese, e il motivo della furba operazione non è difficile da immaginare – anche questa è globalizzazione). Tanto apparentemente fresco quanto sotto sotto polveroso, apparentemente riuscito quanto di fatto poco verace e molto costruito (a partire da quelle ragazzine tanto belline). Un film che vorrebbe essere di denuncia, ma vola basso, rimanendo un filmettino ricco solo di buone intenzioni.

FILM DI ESECUZIONE

Categoria apposita per “Whiplash” di Damien Chazelle, uno dei “casi” dell’anno, film amatissimo (da alcuni) e furbissimo. Rinvio alla recensione.

PICCOLI ESORDI (ITALIANI)

THEREPAIRMAN_02The repairman” di Paolo Mitton è un esordio di quelli quasi invisibili, che merita una menzione pur con tutti i suoi limiti. Ci piace questo tipo di sguardo sbilenco e marginale sulla realtà, e andrebbe tutelato in tutti i modi, di fronte al peso schiacciante della distribuzione delle commedie di massa. Stesso discorso vale per “Short skin” (voto 6,5) di Duccio Chiarini, un film oltretutto più riuscito e convincente di quello di Mitton; in odore di Virzì (quello di “Ovosodo”), Chiarini ha sensibilità e delicatezza davvero notevoli, nell’affrontare un soggetto dove era facilissimo inciampare.

SOLITI FRANCESI

eden.jpgMia Hansen-Løve (della quale avevo amato i precedenti film) non vuole emanciparsi dall’ombra di Assayas, e il prolisso Eden” è il più opaco dei suoi film. Nonostante sia girato un gran bene, è schiacciato dai giganti del passato. Un cinema che rifà la nouvelle vague ad libitum. La vita come ripetizione, ritmo, coazione a ripetere: attimi promiscui, ellittici, fuggenti. Amori precari in vite precarie, vissute intensamente e presto scorse via. …Ma quanto Truffaut, quanto Garrel, quanto Doillon, …quanto Assayas!

Una nuova amica” di Ozon si lascia guardare con piacere, e nel complesso funziona: ma l’impressione è che il regista, prolifico e spesso ineguale, non sia qui in fase ispirata, ma abbia lavorato con pigrizia. Un po’ la stessa impressione che lascia l’ultimo film di Woody Allen (vedi sotto).

Meglio allora l’approccio di un Jeunet, che rivisita con verve azzeccata l’immaginario americano per l’infanzia ne “Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet“. Ricco di invenzioni intelligenti, affronta temi impegnativi per un film destinato a un pubblico particolarmente giovane: la Morte e la sua rimozione. Con una sequenza memorabile: un’elegante e feroce parodia del sistema mediatico. Forse il più riuscito di questi 21 film  (voto 6,5).

PREMI ALQUANTO GENEROSI

PICCIONEPer carità, si tratta di film più che dignitosi (voto 6,5): ma a Berlino 2014, Venezia 2014, Cannes 2015, i massimi riconoscimenti sono andati a film sotto media. Forse il più interessante è quello di Berlino 2014, “Fuochi d’artificio in pieno giorno” del cinese Yinan Diao, un interessante noir rarefatto, con una messa in scena notevole; non escludo di averlo visto – come capita – con attenzione ridotta. Faticoso entrarci; mi è rimasto poco.

Vorrei dire invece della delusione del film di Roy Andersson “Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza“: terzo episodio di una trilogia che perde qualità di film in film, dall’apice inarrivabile del meraviglioso “Canzoni dal secondo piano” (quello sì, un film – clamorosamente felice nella sua apocalisse – ricco, denso e stratificato), già cominciava a farsi maniera in “You, the living” (che gran film, in ogni caso!), adesso il regista svedese sembra essersi appannato. Ancora capace, sì, di intuizioni persino memorabili, ma nel complesso stanco, ripetitivo, appesantito e macchinoso.

Dheepan” di Jacques Audiard, più che generosa autocelebrazione francese a Cannes 2015, è un film ambizioso che ha se non altro il merito di guardare al di là della borghesia parigina, ma rimane sempre dentro casa, nelle banlieue. Non spicca il volo nemmeno quando a riempire lo schermo è un fantasmatico elefante dall’epidermide maculata, a ricordare di giungle lontane, di uno stato di guerra interiorizzato tanto da non saper come abbandonarlo.

Su “Leviathan” (miglior sceneggiatura a Cannes 2014) di Zvyagintsev (altro autore che, come Roy Andersson, perde smalto di film in film), rinvio alla recensione.

ORRORI DA RIDERE

STREGHE SON TORNATELe streghe son tornate” di De La Iglesia è disimpegnato e tutto da ridere: ma se verso l’inizio è ricco di trovate strabilianti, e nella parte centrale accusa giusto un po’ di fiato corto, è nel finale che il regista perde il controllo e la fa fuori dal vaso.

A salvare appena “Wolf Creek 2” di Greg McLean, modesto sequel di un signor horror di 9 anni fa, ci pensa l’ironia con cui è scritto e interpretato il suo irreristibile protagonista. Tutto il resto l’abbiamo visto un milione di volte.

UNO PO’ DI POLVERE

BIG EYESProvaci ancora, Tim. “Big Eyes” è un film interessante sotto vari aspetti, ma il tentativo di Tim Burton di smarcarsi dai propri stereotipi resta poco convincente.

Irrational Man” di Woody Allen. Tra qualche guizzo di sceneggiatura e infiniti rimandi al suo cinema passato (“Crimini e misfatti”), Allen a 80 anni lavora col pilota automatico e si può permettere anche un’esplicita variazione sul tema. Dal confronto con “Match Point”, tuttavia, quest’uomo irrazionale esce deboluccio. Per quanto Allen è difficile che faccia un passo falso: infatti il film rimane godibile e brillante. Ma di una brillantezza un po’ opaca.

Di livello decisamente inferiore, putroppo, “Miss Julie” di Liv Ullman, ennesima trasposizione cinematografica di un dramma di Strindberg, è un tipico esempio di teatro filmato: eccellente il testo, discreto tutto (dalla regia alle interpretazioni), c’è poca aria e poco Cinema. Quanta nostalgia di Bergman!

6 POLITICI

la-Vita-E-facile-ad-Occhi-chiusiSi è portato a casa un sacco di Goya nel 2014, ma l’esile “La vita è facile ad occhi chiusi” di David Trueba, che racconta gli anni ’60 in Spagna all’epoca del franchismo, è un film, dal registro dimesso, cui non ci si appassiona mai veramente. Pur onesto e privo di eccessiva furbizia, scivola via senza infamia e senza lode.

E’ un 6 politico nel pieno senso del termine quello che riservo a “Black or white“: un film civile di cui c’è tanto di civile e poco del film. Più che altro un pamphlet, in cui tutto è trito – dal plot alla caratura dei personaggi. Regia non pervenuta.

Da “Iqbal – bambini senza paura” mi aspettavo qualcosa in più, visti i nomi coinvolti in cabina di regia. E’ un progetto didattico rivolto ai bambini, su un tema delicato (lo sfruttamento del lavoro minorile) affrontato in modo …sin troppo delicato.