L’inadeguatezza personale nella poetica di Nanni Moretti.

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bianca_Pillola brevissima dedicata a tutti quelli che non riescono a farsi una ragione del fatto che Nanni Moretti non sia ormai definitivamente più il narciso autarchico che bastonava un’Italia alla deriva (e diverse generazioni di giovani, ora non più tanto giovani, alla deriva con essa).
Occorre tenere in considerazione che c’è un tema che fa da filo conduttore nei film di Nanni Moretti, sin dal suo esordio: è la riflessione su una profonda inadeguatezza personale. Non solo sull’inadeguatezza, sullo sbandamento della collettività.

E’ dall’attrito, dal conflitto tra la propria inadeguatezza – a vivere, esser felice, esser diverso e migliore – e l’inadeguatezza di tutti quanti gli altri, con le loro debolezze più o meno manifeste o mascherate (e smascherate dal Moretti regista), che scaturisce la grandezza (tragica) di un film come “Bianca”. In quell’attrito stava lo scacco generazionale, accompagnato dalla lucidità di un acuto osservatore che si mette(va) al centro della scena, criticando sé per primo.
Dove, invece, soprattutto negli anni ’90 come in “Aprile”, Moretti è stato più se stesso e quasi totalmente privo di autocritica, non ha dato i migliori risultati (“Caro Diario” è un’eccezione, che magari ha altri meriti, ma – tolto il grandissimo primo “capitolo” – resta forse un po’ sopravvalutato).

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